Una donna mille ruoli è il titolo dell’iniziativa organizzata oggi 22 febbraio 2019 dal Consolato Regionale Marche dei Maestri del Lavoro ed al quale mi hanno invitata per un intervento.
Di seguito una breve sintesi:
Riflettendo sul titolo dell’iniziativa: una donna mille ruoli, la prima interpretazione – forse più scontata – può essere quella relativa all’annoso tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro perché storicamente le donne che lavorano fuori casa sono costrette a farsi carico delle attività domestiche e di accudimento.
A questo proposito mi preme sottolineare sono un aspetto che ritengo fondamentale: bisogna chiamare il punto di vista e, per farlo, basterebbe imparare ad usare un termine diverso, basterebbe parlare di condivisione.
Conciliare significa far incontrare, con una mediazione, due interessi divergenti e ciò è in netto contrasto con quello che dovrebbe essere il clima fondante di un nucleo familiare (l’interesse della famiglia e della sua crescita è comune) e con i principi su cui dovrebbe basarsi l’attività lavorativa in cui l’interesse individuale del dipendente dovrebbe fondersi con l’interesse socio-economico dell’azienda.
Condividere, invece, significa gestire insieme le necessità condividendone, appunto, gli obiettivi ed gli impegni e questo significa cambiare il punto di vista, stabilire che la casa, la famiglia e le attività tutte funzionano meglio se si lavora insieme.
L’altra interpretazione del titolo, che a me piace di più e su cui mi voglio soffermare, è quella che apre alle donne mille, e non solo, possibilità di realizzazione in tutti i campi.
Parlare di mille ruoli per le donne significa cominciare ad abbattere gli stereotipi che vedono le attività lavorative suddivise per genere stabilendo dei percorsi predefiniti per cui una bambina deve sognare di fare la ballerina, l’insegnate, la segretaria mentre un bambino deve sognare di fare il pilota, l’ingegnere o il dirigente.
Nel mio caso, oltre 50 anni fa in prima elementare, dichiarai che ”da grande” avrei fatto la geometra suscitando stupore e, successivamente, quando ho perseguito questo mio desiderio frequentando l’Istituto Tecnico per Geometri, all’epoca quasi esclusivamente al maschile, ho dovuto continuamente combattere contro i pregiudizi per dimostrare che, pur essendo una femmina, ero in grado di svolgere con buoni risultati le attività tecniche.
Oggi, indubbiamente, le possibilità di scelta sono cambiate e, soprattutto, stanno cambiando le modalità educative anche si è trattato di un processo molto lento se pensiamo che la pedagogista Maria Montessori pubblicò nel 1913 la sua opera “educare alla libertà” promuovendo un’educazione basata sul rispetto dell’individuo e delle sue aspirazioni.
Numerosi sono gli strumenti che sono stati messi in campo per sostenere l’accesso delle donne a percorsi scolastici e professioni che, fino ad ora, erano considerati tipicamente maschili ma la parte più difficile sta nello smontare gli stereotipi di genere che sono ancora fortemente radicati nelle ragazze e, ancor più nei ragazzi.
Sostengo questo perché a fronte di un sempre crescente numero di ragazze che scelgono di studiare materie tecniche e scientifiche e di svolgere attività “maschili” continuano ad essere troppo pochi, a volte quasi zero, i ragazzi che scelgono attività considerate “femminili” come l’insegnamento nella scuola primaria ed in quella dell’infanzia.
Sono convinta che manca ancora il coraggio, per gli uomini, di liberarsi degli stereotipi e che la scuola potrebbe giocare un ruolo decisivo ma, per farlo, necessitano maggiori riferimenti maschili nelle scuole primarie. ;\lsdpri