Ci hanno raccontato che l’8 marzo del 1908 le operaie di un’industria tessile di New York, in sciopero da qualche giorno, furono chiuse dal proprietario nella fabbrica e poco dopo divampò un incendio, forse appiccato dallo stesso proprietario, e 126 operaie morirono.

Di questo incendio, però, non si è mai trovata traccia nei documenti storici.

Avvenne un fatto analogo, sempre a New York, il 25 marzo 1911 in una fabbrica di camicie. Le operaie venivano chiuse a chiave per impedire alle lavoranti di lasciare il proprio posto di lavoro, il sindacato non era mai entrato in azienda.

Quel giorno ci fu un incendio accidentale con la morte di molte donne di cui 146 erano di origine italiana.

Per anni sono state mixate queste due storie per costruire una “bugia bianca” finalizzata alla promozione della giornata internazionale delle donne.

La realtà circa la scelta della data è un’altra così come sono altre le motivazioni di tale giornata.

Nel 1907 Clara Zetkin, delegata del partito socialdemocratico tedesco e dirigente del movimento operaio, e Rosa Luxemburg, teorica della rivoluzione marxista e fondatrice del partito socialista polacco e del partito comunista tedesco, organizzarono la 1° Conferenza internazionale della donna.

Il 3 maggio 1908, grazie all’assenza di un uomo che doveva presiedere un’assemblea di donne a Chicago, la conferenza programmata fu preseduta da una donna, la socialista americana Corinne Brown e venne proposto di ricordare quella giornata come il «Woman’s Day», il giorno della donna in cui discutere dello sfruttamento operato dai datori di lavoro ai danni delle operaie (basso salario e orario di lavoro, discriminazioni sessuali e diritto di voto alle donne) e di proporre questa giornata di riflessione per l’ultima domenica di febbraio di ogni anno.

Di fatto, quindi, la prima Giornata della Donna ufficiale fu celebrata il 28 febbraio 1909 e l’anno successivo, a Copenhagen nel corso di un nuovo incontro internazionale della donna, le socialiste americane proposero di istituire una “GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA”, da celebrare sempre l’ultima domenica di febbraio.

Le celebrazioni non coinvolsero tutti i paesi e furono interrotte dall’avvento della Prima guerra mondiale.

Era l’8 marzo 1917 (il 23 febbraio secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia) quando, a San Pietroburgo, le donne guidarono una grande manifestazione per reclamare la fine della guerra, chiedendo “pane e pace”.

Il fatto importante fu che i cosacchi, che avrebbero dovuto reprimere la manifestazione reagirono in modo debole consentendo ulteriori manifestazioni successive.

L’8 marzo 1917 è quindi rimasto nella storia a indicare l’inizio della «Rivoluzione russa di febbraio».

Alla seconda Conferenza internazionale delle donne comuniste a Mosca del giugno 1921 si fissò all’8 marzo la “Giornata internazionale dell’operaia” e poi, nel 1922, con l’aiuto di Clara Zetkin, anche Lenin proclamò l’8 marzo come “Giornata Internazionale delle Donne”, in ricordo di tutte le donne russe che nel 1917 sfidarono la tirannia zarista, assumendo una parte attiva nelle lotte sociali.

In Italia la tradizione dell’8 marzo fu interrotta dalla dittatura fascista e ma fu ripresa durante la Lotta di Liberazione Nazionale, come giornata di mobilitazione delle donne contro la guerra, contro l’occupazione tedesca e per le rivendicazioni di diritti femminili, attraverso i gruppi collegati al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) dai quali ha avuto origine l’UDI (Unione Donne Italiane).

La prima manifestazione libera in Italia fu l’8 marzo 1946 pianificata dall’UDI che propose di farne una giornata per il riconoscimento dei diritti economici, sociali e politici delle donne.

Questa è la storia di una giornata d’impegno per i diritti e le pari opportunità in cui le donne vogliono essere portatrici di pace che, negli anni settanta, ebbe in Italia una grande esplosione non da tutti gradita ed apprezzata.

Forse per questo (ma è una mia opinione) i detentori del potere economico si sono affrettati a costruirci un bussiness trasformandola in una festa commerciale alla stregua di quanto stava avvenendo anche per altre ricorrenze.

Mi preme sottolineare come l’abitudine (errata) di chiamare l’otto marzo come “festa della donna” è tutta italiana supportata dalle attività commerciali di vario tipo.

La dimostrazione che l’otto marzo non è una festa l’abbiamo sia dalla storia che dal quotidiano in cui le motivazioni con cui è stata istituita permangono tutte perché non si sono realizzate le invocate pari opportunità e, soprattutto, molti continuano a sguazzare nell’equivoco sul concetto di parità.

Parità di genere significa dare pari opportunità ai generi ossia non creare discriminazioni sulla base del genere.

Non significa essere uguali se non davanti alla legge, significa consentire a tutt* le stesse opportunità!

In particolare in questo centenario della ricorrenza il movimento delle donne di tutto il mondo ha promosso uno sciopero delle donne finalizzato a far comprendere quanto il lavoro delle donne sia importante e, soprattutto, molto maggiore di quello che non si vede perché in gran parte non viene retribuito o, comunque, pagato meno di quello degli uomini.

Vi prego, quindi, diamo il giusto peso alle parole che usiamo.

Riflettiamo sul concetto di pari opportunità e di parità di genere.

Festeggiamo le conquiste di ogni giorno e riflettiamo su quanto dobbiamo cambiare a partire da noi!

BUON OTTO MARZO ALLE DONNE E AGLI UOMINI CHE CREDONO CHE È POSSIBILE CAMBIARE!